Il libero arbitrio
Dopo le precedenti discussioni, si dovrebbe avere adesso una maggiore
propensione ad ammettere la possibilità che in fondo, il fatto di vivere oggi la
vita di me che mi relaziono con te e domani la tua stessa vita che ugualmente si
relaziona con il me di oggi, non pregiudica necessariamente l'esistenza di un effettivo
libero arbitrio mio e tuo. La chiave, dal mio punto di vista, è che il passaggio
tra una vita e un'altra è privo di informazioni; tutte le informazioni che abbiamo
le otteniamo dal mondo in cui siamo nati, nel tempo in cui siamo nati. Questo impedisce
il verificarsi dei paradossi, e stabilisce anche un valore effettivo al "mondo esterno",
ciò che è al di fuori della nostra immediata interiorità, compresi tutti gli altri
che vediamo vivere: potremo "avere di nuovo" solo ciò che avremo lasciato in questo
mondo. Niente delle nostre ricchezze o delle nostre conoscenze può trasmigrare direttamente
da una vita a quella successiva.
Capisco che queste affermazioni sono in contrasto con la dottrina "classica"
della reincarnazione tipica delle religioni orientali, dove l'anima, nel suo ciclo
di successive reincarnazioni, segue un suo percorso che infine, per maturazioni
successive, lo porterà ad uno stato "definitivo" di consapevolezza suprema. Ciò
che tale ipotesi presuppone è che l'anima abbia una sua identità personale distinta
almeno da quella delle altre creature viventi che condividono il tempo della nostra
permanenza in questo mondo. Questo presupposto è condiviso anche da tutte le religioni
occidentali, ed in fondo anche dall'ateismo classico che vede la vita di ognuno
come scaturita fortuitamente da una combinazione favorevole e destinata a sparire
irreparabilmente dopo la morte. Direi che la rinuncia a questa "individualità" dell'anima
è il cuore di questa "terza ipotesi" che discuto. Questa rinuncia chiude anche il
dibattito sul fatto che l'anima e il corpo siano una cosa sola o due cose separate,
che vivacizza le discussioni non solo tra filosofi ma anche tra gli studiosi del
cervello e della mente. Se supponiamo che la coscienza sia unica e non sia legata
ad un singolo corpo, siamo in una terza posizione immune a molte delle critiche
a cui le altre due ipotesi sono soggette.
È possibile comunque immaginare una dimostrazione "di forza bruta" per
mostrare che i due "liberi arbitri" di due vite che interagiscono tra loro sono
comunque salvaguardati; basta pensare infatti alla nostra biblioteca di Babele,
e a tutti i libri che riportano tutte le possibili variazioni di un possibile colloquio
tra me e te; inizialmente abbiamo un numero gigantesco di libri diversi; ad ogni
passo, quando scelgo la mia battuta, scarto tutti i libri che non la contengono;
poi ascolto la tua risposta, e di nuovo scarto tutti quelli che non la contengono,
ma contengono sempre tutti i possibili proseguimenti. Al termine del colloquio,
restio con un solo libro in mano, con tutto il colloquio preciso. Tutti gli altri
libri non vengono però gettati via; presto o tardi, quando vivrò una delle possibili
variazioni della tua vita, mi ritroverò a fare lo stesso colloquio già fatto, ma
stavolta essendo nei tuoi panni: per moltissime "variazioni" della tua vita mi troveròa
dire battute diverse, e quindi a selezionare infine un libro diverso, ma dopo tanti
colloqui "quasi uguali", alla fine, nelle mie infinite letture, "imbroccherò"
di nuovo il libro preciso che inizialmente avevo già selezionato nel nostro primo
colloquio. Forse non vi piace l'idea che io "la prima volta" non avevo letto ancora
il libro come "secondo personaggio", ma io penso che non si possa parlare di "prima
volta" e "seconda volta", di vite "vissute prima" o "vissute dopo", ogni "vita"
è come un libro della biblioteca che esiste al di fuori del tempo e "io" esisto
solo nel momento in cui "sto leggendo" un libro, ed in quel momento non ha senso
pensare ai libri che ho già letto o a quelli che devo ancora leggere.
In realtà questo tipo di dimostrazione ha un difetto che vorrei evitare,
e cioè che se la possibilità che io mi imbatta nello stesso colloquio vissuto oggi
come "me" e domani come "te", risulta essere piuttosto bassa e "annacquata" in mezzo
a tutte le altre possibilità. Per cui mi piace invece immaginare che mentre io vivo
e faccio le mie scelte, aumento le probabilità che "quella versione di me" sia esattamente
quella che troverei rivivendo la "tua" vita che si relaziona con me. O meglio ancora,
che esista comunque un "principio di precedenza" per cui, in un dato universo scaturito
da un dato big bang, sia necessario "esaurire" tutte le vite che interagiscono tra
loro prima di passare ad un nuovo big bang con nuove potenziali vite. In questo
modo, per questo "ciclo", rivivendo le vite di tutti coloro che mi incontrano in
questa mia vita, troverò uno Iacopo Vettori che fa esattamente quello che faccio
adesso.
In quest'ottica, ci si potrebbe ancora chiedere quali vite "ho già fatto"
e quali restano. Per molti aspetti è meglio non saperlo; ma poiché è difficile fare
a meno di immaginare se potrebbe esistere un certo ordine "esaustivo" per tutte
le vite, ho pensato, per esercizio, a questa possibilità: dopo una vita maschile,
si "torna indietro" al prossimo figlio della stessa madre; vivendo una vita femminile,
si "va avanti" vivendo la vita del primogenito, e solo in mancanza di figli si "torna
indietro" come nel caso della vita maschile. Se si vuole includere gli esseri che
si riproducono per "scissione", devono comportarsi come spiegato per le femmine;
invece non so cosa inventare se si vogliono includere i primi esseri che si presuppone
siano nati in "modo fortuito" da materia "non vivente" (in base a qualunque definizione
vogliate ammettere), ma forse in questo caso si tratterebbe di "punti di ingresso"
tra loro sostanzialmente equivalenti, e la divagazione sul loro possibile "ordine"
non ha più molta importanza.
L'importanza dell'esistenza del libero arbitrio è così alta da indurmi
ad ammetterla come postulato; in mancanza di questa assunzione, si aprirebbe la
via all'ammissibilità di comportamenti negativi utilizzando questo argomento come
giustificazione. Per questo non ritengo ammissibile fare a meno di questo postulato
se si vuole costruire un etica in cui ognuno abbia la responsabilità dei suoi propri
atti. Comunque penso che l'indizio più pesante a favore dell'effettiva esistenza
è proprio la nostra coscienza. Se noi non fossimo dotati di libero arbitrio, non
avrebbe alcuna utilità il fatto di "essere vivi" dentro a un corpo che si muove
come un robot e sentire i piaceri e i dolori che riceviamo proprio perché vivi e
sensibili. Sarebbe come vedere un film nella trama del quale non possiamo intervenire.
Sarebbe come subire la stessa tortura di Alex in "Arancia meccanica" di Anthony
Burgess. Anzi penso che l'espressione della vita consista proprio nell'abbinamento
tra "sensazione fisica degli input esterni" ed "espressione fisica delle decisioni
interne". Queste decisioni sono senz'altro influenzate da tutti i dati immagazzinati
in precedenza. Ma cosa abbiamo immagazzinato, come lo giudichiamo, che peso diamo
ad ogni singolo fattore da valutare, sono cose che sfuggono al determinismo, e permettono
al libero arbitrio di esprimersi effettivamente.
Se il libero arbitrio non ci fosse, invece di "tutte le collezioni di
tutte le varianti di tutte le vite possibili", la nostra biblioteca multimediale
di Babele si ridurrebbe ad una assai più scarna biblioteca di tutte "le collezioni
di vite possibili", ognuna senza possibili varianti. A meno di fatti esterni diversi,
ovviamente. Ma in definitiva, negare il libero arbitrio significa anche tornare
ad una visione "deterministica" della vita in cui si ammette che anche i sistemi
che non sono praticamente predicibili, potrebbero diventarlo se avessimo accesso
a delle informazioni non accessibili anche a livello teorico ma che sono comunque
"già presenti" da qualche parte ben nascosta. Per cui, in questa visione, anche
"la collezione di tutti i modi possibili", dovrebbe infine restringersi al nostro
unico mondo che sarebbe unico e "necessario". Oggi però l'opinione più diffusa tra
i fisici è che esista una varietà di probabilità e l'unica cosa che può essere determinata
sia lo stabilire queste probabilità. Io credo che questa stessa indeterminazione,
insieme probabilmente ad altri sconcertanti fenomeni quantistici (come ad esempio
la "non località"), possano essere la base fisica per l'esplicitarsi della vita
e del libero arbitrio. Non sono l'unico a sostenere questa ipotesi ed eminenti studiosi
tentano di verificarlo scientificamente, ma il mio ragionamento, in questo caso,
è semplice in modo banale: tra tutti i fenomeni dell'universo, quello della vita
è in assoluto il più magico e misterioso. Per cui, se vogliamo tentare di spiegarlo,
è praticamente certo che avremo bisogno di tutto il potere "magico e misterioso"
che hanno solo i fenomeni quantistici; e magari anche altri che ancora non conosciamo.
Frammenti video:
Il libero
arbitrio (file wmv di 9'08" ~24MB)