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papo La terza ipotesi
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Argomenti a Favore della Individualità Aperta

di Iacopo Vettori - Gennaio 2012

“Ma non ha niente addosso!” disse un bambino alla fine.
(Hans Christian Andersen, "I vestiti nuovi dell’Imperatore")

1) Un modello informatico dell’identità personale

Una versione informatica del gruppo delle teorie dualiste e delle teorie riduzioniste, che mostra come l’OI possa essere considerata una teoria riduzionista e permetta anche di superare questa distinzione.

La mia preoccupazione principale è quella di mostrare che l’OI non richiede alcuna assunzione straordinaria che non sia richiesta anche dalle teorie alternative, e poi nell’ultima parte presenterò l’argomento che credo imponga l’OI come la teoria più razionale, una volta accertata la parità delle altre condizioni. La prima parte, che oltre a questo comprende i due capitoli successivi, svolge lo stesso tipo di lavoro che Daniel Kolak ha discusso in dettaglio nel suo libro “I Am You”, e il modello informatico che espongo è compatibile con quello che egli ha scritto. Kolak nel suo libro lascia molto spazio per interpretazioni alternative dell’OI, in quanto lo presenta come una filosofia “full-contact” che può adattarsi ad ogni metafisica. Io proverò ad andare un passo oltre, accettando alcune restrizioni allo scopo di evitare qualsiasi accusa di misticismo, criticando il concetto di identità così come è inteso dal nostro senso comune, evidenziando alcuni problemi nascosti nelle tradizionali metafisiche riduzioniste e dualiste, e finalmente discutendo il problema fondamentale a cui solo l’OI può dare una risposta razionale.

Una delle questioni più importanti che voglio chiarire è perché l’OI possa essere considerata, almeno nella versione che propongo, una teoria riduzionista. Qui io uso il termine “riduzionista” in modo non strettamente tradizionale, ossia intendendo che la coscienza possa essere completamente ridotta a qualcosa di materiale, ma in un senso più debole, ossia che l’emersione della coscienza richieda una struttura fisica che possa essere descritta e possa essere usata per verificare se una certa struttura fisica rappresenti un essere vivente cosciente oppure no. Questa concezione può ammettere che il mistero della coscienza non sia completamente spiegabile in termini materiali, tuttavia mantiene ferma l’idea che essa richieda una struttura fisica per poter emergere e manifestarsi. In realtà, l’OI risulta fondamentalmente agnostico rispetto alla contrapposizione tra dualismo e riduzionismo. Questo può accadere perché il problema principale che origina questa contrapposizione è la questione se noi abbiamo qualcosa che possa ricoprire il ruolo dell’anima oppure no. Poiché l’OI elimina completamente la necessità di usare qualsiasi tipo di segnaposto della nostra identità individuale, il conflitto tra riduzionismo e dualismo diventa meno importante. Potrebbe essere riassunto nell’unica questione della completa riconducibilità di tutto il comportamento delle strutture fisiche viventi a delle leggi fisiche inderogabili, eliminando la possibilità che una qualsiasi forma di “volontà” possa esprimersi in modo indipendente da esse, anche se l’emersione della coscienza resterebbe comunque un dato di fatto al di sopra di ogni possibile spiegazione, soprattutto se il comportamento della materia non risultasse minimamente influenzato dalla sua presenza. Tuttavia, una volta separata dal problema che riguarda la nostra identità personale, la questione assume l’aspetto di un problema indecidibile, in particolare considerando che il nostro comportamento mentale risulta influenzato da fenomeni quantistici che possono essere investigati solo con metodi statistici.

Ad ogni modo, la mia opinione personale è che l’elemento di base della realtà sia l’informazione. Il concetto di informazione collega tra loro il concetto di dati materiali e la capacità astratta di interpretarli come qualcosa di significativo. Lo stesso concetto di “significato” implica qualcosa che deve essere capito da qualcuno, ossia la coesistenza di una parte fisica e una parte mentale. Questo può essere considerato come una forma di monismo dialettico o forse meglio di monismo neutrale. Farò qualche altra considerazione di questo tipo nella parte finale di questo documento, ma in ogni modo queste opinioni non influenzano i ragionamenti che voglio esporre. Quello che adesso mi preme è dare una interpretazione dell’OI che non ha bisogno di alcun concetto mistico come “Anima Cosmica” o qualcosa del genere, né presuppone alcun collegamento nascosto tra tutti noi che ci permetta di esprimere una volontà comune o di condividere delle informazioni. Non ho neanche intenzione di negare questa possibilità, voglio solo dimostrare che questa ipotesi non è necessaria. È possibile, ed è sufficiente per l’ammissibilità dell’OI, pensare che tutto ciò che possiamo sperimentare sia solo il tipo di vita con facoltà limitate di consapevolezza come quelle che stiamo attualmente vivendo. Quello che intendo dire veramente è che l’OI non ha bisogno di niente che possa essere considerato mistico.

In base alla concezione di riduzionismo debole che adotto, e considerando lo scopo di questo documento, classifico le teorie come “riduzioniste” o “dualiste” non basandomi sulle loro tesi sulla completa riduzione del mistero della coscienza a qualcosa di materiale, ma sui loro requisiti per identificare in modo univoco ogni essere vivente cosciente. Secondo ogni teoria riduzionista, nell’accezione forte o debole, non deve essere necessario niente di più di quanto non possa essere contenuto in una sua descrizione dettagliata. Una teoria dualista richiede un elemento in più, incorrendo però in alcuni problemi aggiuntivi che vedremo in seguito. In realtà, per l’OI il problema di cosa sia necessario non sussiste, perché non c’è nulla che possa differenziare le nostre identità personali. Per questo motivo, non avendo bisogno di aggiungere niente alla descrizione fisica degli esseri coscienti per identificarli in modo univoco, può essere considerata una teoria riduzionista, almeno nel senso debole, se si accetta la restrizione che in ogni caso la coscienza abbia bisogno di qualche complessa struttura fisica per avere la possibilità di emergere. In questo modo, la questione se sia possibile o no una teoria completamente riduzionista nel senso forte diventa una questione separata che non influenza la plausibilità dell’OI. Esaminiamo questa idea in dettaglio, in modo che possa fornirci un modello per definire in modo chiaro anche gli altri problemi che discuteremo successivamente. Inizieremo considerando come possiamo valutare l’insieme teorico di tutti gli esseri viventi coscienti secondo una qualsiasi teoria non-OI, in modo da definire le differenze chiave tra riduzionismo e dualismo.

Le mie considerazioni sono influenzate dalla mia esperienza come programmatore di computer, così propongo un modello informatico per determinare se una teoria è di tipo dualista o riduzionista. Immaginiamo che ogni possibile essere vivente cosciente possa essere descritto nel grado di dettaglio che si desidera, fino a raggiungere il livello di precisione che possiamo considerare sufficiente non solo per catturare il fatto che l’entità descritta è un essere vivente cosciente, ma anche per definire in modo univoco la sua identità personale. Possiamo raggiungere il livello sub-atomico, se lo riteniamo necessario, e possiamo anche immaginare di poter accedere a qualche informazione nascosta all’interno delle particelle elementari, o avere delle conoscenze future che oggi non sono disponibili: l’unico requisito è che queste informazioni possano essere descritte almeno teoricamente, non importa se in realtà non possiamo farlo. Questo deve essere possibile in linea di principio per ogni teoria riduzionista non-OI, perché esse non devono aver bisogno di aggiungere alcun elemento ulteriore non descrivibile (qualcosa che possa essere considerato come una specie di anima) per distinguere in modo univoco l’identità personale di ogni reale essere vivente cosciente.

Possiamo immaginare un enorme tabella di database, con un numero enorme di colonne, ciascuna corrispondente ad una informazione che ha un ruolo in questa descrizione completa, e un numero di righe, che eventualmente potrebbe essere considerato infinito, ciascuna corrispondente a un diverso essere vivente cosciente, con una definita identità personale. Questa sarà la tabella di “Tutti gli Esseri Viventi Coscienti”, che per brevità chiameremo “tabella TEVC”. Questo tipo di descrizione informatica ha il maggior grado possibile di flessibilità: possiamo immaginare che le informazioni memorizzate contengano qualsiasi cosa si possa ritenere necessario per includere qualsiasi bizzarra forma di vita cosciente. Qualcuno potrebbe voler pensare che ciascuna riga descriva un intero corpo, qualcun altro potrebbe preferire di pensare che ciascuna riga contenga la descrizione dettagliata della rete neurale del cervello di ogni essere vivente. Possiamo anche immaginare che ogni riga contenga la storia dettagliata dell’intera vita di un essere vivente: le nostre considerazioni saranno così generali da restare valide in ogni caso. Possiamo immaginare che non tutte le informazioni contenute in una riga siano fondamentali per definire l’identità personale, ma se adottiamo una teoria riduzionista non-OI, dobbiamo necessariamente ritenere che anche l’identità personale sia definita in qualche modo da un insieme di valori contenuti in qualche colonna. Questo insieme di colonne può allora essere considerato come la “Chiave Primaria” della tabella TEVC, ossia un insieme di colonne che contengono una combinazione univoca di valori in grado di identificare in modo completo ogni riga della tabella. Poiché sono un sostenitore dell’OI, in realtà penso che non ci sia niente che possa definire l’identità personale, e che perciò essa non possa essere ridotta a una questione di valori differenti, ma adesso sto cercando di evidenziare le difficoltà che sorgono se assumiamo che questa definizione di identità personale possa essere fatta.

Usando questo modello possiamo definire in modo preciso la differenza tra le teorie riduzioniste e le teorie dualiste: secondo le teorie riduzioniste, le informazioni memorizzate in ogni riga devono essere sufficienti non solo per determinare se l’entità descritta è un essere vivente e cosciente, ma anche per determinare “chi” egli sia, ossia quale sia la sua identità personale, basandosi sulle informazioni chiave contenute nelle colonne che costituiscono la Chiave Primaria. Queste informazioni chiave dovrebbero essere qualcosa di più complesso della semplice sequenza del DNA, se pensiamo che anche se producessimo miliardi di persone clonate con lo stesso DNA, esse avrebbero ancora qualche piccola ma cruciale differenza nelle loro righe corrispondenti nella tabella TEVC che permetterebbe di distinguere le loro identità personali una per una. Ma a livello teorico ogni teoria riduzionista non-OI deve convenire che poiché non esiste altro che il mondo materiale, se noi potessimo produrre due copie perfette di esseri viventi con le stesse informazioni chiave, dovremmo concludere non solo che esse sarebbero due persone uguali, ma che sarebbero in realtà la stessa persona. Questo sembra un’affermazione azzardata, e vedremo nel seguito quali strategie si può cercare di adottare per evitare che possa verificarsi, ma dobbiamo riconoscere che in ogni teoria riduzionista ogni essere vivente è un’entità completamente descrivibile, e questo fatto lascia la possibilità teorica dell’esistenza di una copia perfetta di ciascuno di noi, e non solo semplici cloni con lo stesso DNA.

Le teorie dualiste sono diverse perché sostengono che, malgrado ogni possibile informazione, rimarrà sempre qualcosa di inesplicabile che contiene non solo il segreto della nostra coscienza, ma anche della nostra identità personale. Possiamo rappresentare questo requisito introducendo nella nostra tabella TEVC una colonna speciale che chiameremo “ID”, contenente un dato convenzionale che possiamo immaginare essere un numero intero, che non ha alcun significato se non quello di rappresentare un segnaposto astratto per indicare in modo univoco ogni differente identità personale. Questo dato rappresenta quello che semplicisticamente possiamo chiamare “anima”, anche se le moderne teorie dualiste preferiscono adottare altri termini dalla valenza meno mistica. Questo tipo di ID è usato spesso nella programmazione dei database, e permette di distinguere tra loro delle righe che altrimenti risulterebbero identiche. In questo modo, per ogni teoria dualista possiamo immaginare che due diversi esseri coscienti potrebbero essere completamente uguali, ma tuttavia avere due diverse identità personali, solo perché supponiamo che differiscano per quel dato inaccessibile che contiene il mistero dell’identità personale. La descrizione di questi due esseri viventi sarebbe contenuta in due righe diverse della nostra immaginaria tabella TEVC, che sarebbero diverse solo per il valore contenuto nella colonna ID.

Possiamo immaginare un gran numero di differenti teorie dualiste, così possiamo anche immaginare che alcune di esse permettano che due corpi differenti abbiano la stessa anima, anche se fossero completamente diverse per tutti gli altri aspetti, proprio come accade secondo la teoria tradizionale della reincarnazione. Possiamo anche immaginare che la stessa anima possa vivere simultaneamente in due corpi diversi, se siamo disposti ad ammettere che le anime possano andare liberamente avanti e indietro nel tempo. Possiamo anche immaginare che esista una singola anima che vive simultaneamente in tutti i nostri corpi: questa è la versione dualista dell’OI che molte persone trovano più facile da immaginare. La differenza con la versione riduzionista dell’OI è che la versione dualista può immaginare che questa “Anima Cosmica” sia qualcosa che esiste indipendentemente dalla materia, qualcosa che può o no essere presente in una struttura materiale, mentre nella versione riduzionista la coscienza è un fenomeno che può manifestarsi solo in presenza di qualche struttura materiale complessa come è un cervello, e non può esistere indipendentemente da essa. Se adottiamo il punto di vista dell’OI, questa differenza tra riduzionismo e dualismo può essere espressa in modo equivalente dalla questione se la materia possa essere influenzata da qualcosa di non materiale. Senza più il bisogno di tener traccia delle identità personali individuali, l’OI può interpretare la coscienza non come “qualcosa” che ha una sua esistenza indipendente, ma come una funzione, un proprietà, un ingrediente basilare dell’esistenza come lo spazio e il tempo. Continuare a chiedersi “chi” possa essere questa “Anima Cosmica” significa perdere di vista il fatto che OI è l’unico modo di svuotare questa domanda di qualsiasi significato. Invece di pensare a me come una struttura fisica posseduta da una qualche “istanza di consapevolezza”, dovrei piuttosto pensare di essere una struttura fisica che ha la proprietà di manifestare la coscienza. Occorre fare attenzione al fatto che questa distinzione ha senso solo se intendiamo che “il soggetto dell’esperienza”, quello che Daniel Kolak nel suo libro ha chiamato “il soggetto-in-sé”, non sia una “istanza di coscienza” individuale, o un’istanza di qualche altra cosa, ma il “fenomeno della consapevolezza” in sé.

Vediamo cosa possiamo dire sull’OI quando consideriamo questa tabella TEVC. Se lo assegniamo al gruppo delle teorie dualiste, dobbiamo considerare che numero dovremmo scrivere nella colonna ID. Poiché l’OI afferma che l’identità personale è sempre la stessa, dobbiamo scrivere sempre lo stesso numero (forse ‘1’ o forse meglio ‘0’) in ogni riga della nostra tabella TEVC. Questa informazione non sembra molto utile. Qual è il suo scopo? È solo quello di verificare che il numero sia sempre lo stesso per tutte le righe. Ma la teoria stessa assume per ipotesi che esso sia sempre uguale. È facile vedere che la colonna ID potrebbe sempre essere vuota, e potrebbe essere anche eliminata senza pericolo dalla nostra tabella TEVC senza alcuna perdita di informazione. Il fatto che essa contenga sempre lo stesso dato dovrebbe farci rendere conto che non è per niente necessaria e può essere rimossa senza perdere la possibilità dell’OI. Questo potrebbe rappresentare la piccola distanza concettuale tra l’OI dualista (dove la colonna ID contiene sempre lo stesso valore) e l’OI riduzionista (dove la colonna ID è sempre vuota o non esiste affatto). Poiché comunque l’eventuale valore contenuto nella colonna ID risulterebbe completamente inutile, ogni essere vivente cosciente potrebbe essere descritto completamente in una tabella di database priva della colonna ID, esattamente come è per ogni teoria riduzionista. Questo dimostra che l’OI non deve necessariamente essere considerato una teoria dualista. Questo ora può sembrare un semplice trucco di manipolazione dei dati, ma in realtà rivela che l’idea che l’OI richieda qualche concetto dualista è solo un preconcetto dovuto al nostro preesistente concetto di identità personale, che è precisamente ciò che adesso vogliamo criticare dalle fondamenta.

Torniamo all’esame delle teorie riduzioniste non-OI, e di come dovrebbero considerare la tabella TEVC. Abbiamo detto che alcune di esse potrebbero considerare solo una parte dei suoi dati, l’insieme di colonne che abbiamo chiamato la Chiave Primaria, come strettamente necessaria per definire l’identità personale dell’essere vivente reale che è descritto dai dati di tutta la riga. Un essenzialista mereologico, che pensa che l’identità di qualcosa cambi non appena cambia una sua minima parte, può sostenere che tutti i dati della riga sono necessari per formare la Chiave Primaria, ma altri potrebbero pensare che non tutti i dati siano necessari per individuare l’identità di una persona, assumendo che sia possibile cambiare alcuni dati di una riga senza perdere la sua identità. Inoltre ci sono senz’altro alcuni dati che due righe possono avere in comune anche supponendo che descrivano esseri viventi con identità diverse. La proprietà di avere una coscienza è qualcosa che tutti gli esseri viventi descritti nella tabella TEVC devono avere in comune per definizione, e dovrebbe essere descritta da qualche parte in ogni riga, anche se questa informazione potrebbe essere sparpagliata in più di una colonna. Poiché stiamo limitando la discussione alle teorie riduzioniste, stiamo assumendo che la proprietà di essere coscienti sia qualcosa che dipende da qualche struttura fisica, così possiamo dedurre questa informazione senza bisogno di ricorrere a una astratta colonna ID o una colonna dedicata “essere_cosciente”, ma in un modo più riduzionista, solo dalla valutazione dei valori delle colonne già esistenti, immaginando di passare l’intera riga a una molto potente funzione “essere_cosciente()” che restituisce ‘VERO’ o ‘FALSO’. Poiché stiamo esaminando le righe della tabella TEVC (Tutti gli Esseri Viventi Coscienti), una tale funzione dovrebbe sempre restituire il valore ‘VERO’, se chiamata passandole come argomento una qualsiasi riga della tabella TEVC.

Seguendo il punto di vista dell’OI, in realtà penso che non ci sia niente che possa influenzare la scelta dell’identità personale, ma per lo scopo della nostra discussione posso affermare in modo equivalente che l’identità personale sia influenzata solo dalla presenza della coscienza stessa, che è l’unica proprietà che tutti gli esseri coscienti devono necessariamente avere in comune. In effetti, la capacità di essere coscienti potrebbe essere determinata dall’azione combinata dei valori contenuti nelle stesse colonne necessarie a stabilire se un essere vivente è cosciente oppure no. I singoli valori potrebbero variare leggermente da individuo ad individuo, e la loro diversa gradazione potrebbe definire l’identità personale. In modo analogo, la nostra sopravvivenza quotidiana non dipende da qualche cibo specifico, l’unica cosa che importa è di poter mangiare una varietà sufficiente di cibi commestibili. D’altra parte, presumere che per definire l’identità personale siano necessarie ulteriori proprietà oltre a quelle necessarie per essere cosciente, lascerebbe aperta la possibilità teorica di ottenere un “essere incompleto” che abbia tutte le proprietà necessarie per essere definito cosciente, ma non sufficienti per definire la sua identità personale. Ad ogni modo, possiamo sempre immaginare che l’identità personale non dipenda da queste diverse gradazioni, e magari neanche da un insieme fisso di proprietà, ma solo dal valore restituito dalla funzione “essere_cosciente()”, che è sempre ‘VERO’ o ‘FALSO’: in questo modo, ogni essere vivente cosciente risulterebbe avere la stessa identità personale, anche se la sua descrizione avesse dei valori differenti in ogni colonna della tabella TEVC. Tutte le altre caratteristiche individuali possono variare liberamente, nello stesso modo in cui possono variare nella mia stessa persona tra l’età di 5 anni all’età di 50 anni, senza influenzare l’identità personale. Qui non sto sostenendo che questa opinione sia necessariamente migliore delle altre: voglio solo far notare che non ha ostacoli concettuali che non abbiano anche le idee alternative. Per ogni teoria non-OI, ciascuno di noi ha una identità personale numericamente differente da quella degli altri, ma se immaginiamo che l’identità di ciascuna “istanza di coscienza” sia influenzata solo dallo stesso fenomeno che permette alla coscienza di manifestarsi, e non dal diverso dosaggio degli ingredienti necessari, non resta nient’altro per rappresentare l’identità di una persona. La questione allora non è più “quale coscienza” abbia ciascun essere cosciente, ma se un dato essere vivente “abbia la coscienza” oppure no.

Esaminerò di nuovo questo punto in un modo più materialista, considerando l’insieme di tutti i possibili cervelli coscienti e la coscienza che emerge in ciascuno di essi, ma adesso questo modello dovrebbe aver reso evidente che gli indizi in base ai quali sembra inevitabile classificare l’OI come una teoria dualista siano preconcetti legati alla nostra difficoltà di liberarci dal nostra innata Teoria dell’Individualità Chiusa (Closed Individualism), secondo la quale ognuno di noi ha una identità personale separata da quella degli altri, che non cambia per tutta la sua vita. Il problema che ha richiesto di rivedere questa idea innata è che in una teoria pienamente riduzionista potremmo perdere la nostra identità personale se non potessimo tenerne traccia in qualche modo. Secondo l’OI, non c’è niente che possiamo perdere, perché non esiste la possibilità di “un’altra” identità personale numericamente differente da quella stessa che ciascuno di noi crede sia la sua personale, ma che invece è l’unica possibile, e così non c’è bisogno di tenerne traccia né di indicarla con qualche ID astratto. Il mistero del soggetto che emerge dall’attività mentale resta sempre presente in qualsiasi teoria riduzionista. OI si limita a ridurre il problema della identità personale del soggetto che emerge a quello sull’emergenza della coscienza, assumendo semplicemente che non ci sia bisogno di immaginare che l’identità personale dipenda da altro che lo stesso misterioso processo che fa sì che il “soggetto” emerga, indipendentemente da qualsiasi differenza nei valori di particolari attributi, implicando così che esso sia sempre lo stesso. Capisco che a questo punto questa può apparire come una semplice opinione, ma voglio che si capisca che questa opinione non richiede niente di più misterioso o mistico delle alternative. Si potrebbe pensare che lo stesso fatto di essere generati da occorrenze numericamente diverse dello stesso misterioso processo possa essere sufficiente per dare un’identità intrinsecamente differente ad ogni essere vivente cosciente, ma come vedremo in seguito, questa idea è insostenibile da qualsiasi teoria riduzionista.

È utile anche considerare che se le nostre vite fossero in una successione in cui ogni vita inizia dopo la fine della vita precedente, come per la mitica Fenice, sarebbe più facile accettare che potremmo avere tutti la stessa identità personale, ossia che siamo tutti la stessa persona. Il vero problema è quello di accettare la possibilità di essere qui simultaneamente, nonostante il fatto che siamo tutti la stessa persona. Quello che è difficile accettare è che il nostro comune soggetto-in-sé possa essere in più di un posto alla volta, ossia che esso possa sperimentare la non-località, che sembra qualcosa di mistico o magico. Inoltre, lo stesso concetto di reincarnazione sembra inevitabilmente mistico. Ma vedremo subito che la necessità di ammettere qualche forma di non-località è richiesto in particolari circostanze da tutte le teorie riduzioniste, non solo dall’OI. Una volta costretti ad accettare che ci sono condizioni in cui essa può verificarsi, perché non pensare che possa verificarsi anche nelle condizioni normali?

Continua sulla prossima pagina: La debolezza del concetto di identità di istanza.

 

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