Non ho intenzione di fare la parte dell'esaltato che pensa che le sue idee possano
essere dimostrate dalla teoria dei quanti, dopo aver sommariamente saputo delle
stranezze che comporta. La mia conoscenza della fisica moderna è quella di un dilettante
appassionato, che si accontenta di leggere pubblicazioni divulgative, consapevole
dei propri limiti. La lista dei libri che mi sono piaciuti, che presento in
una pagina dedicata nel mio sito web personale,
rende testimonianza di quali letture mi abbiano formato. Detto questo, vorrei proporre
qualche riflessione su come, dal punto di vista della fisica moderna, non rappresenti
un vero ostacolo quella che sembra essere l'unica difficoltà concettuale per accettare
come ammissibile il modello della terza ipotesi: la questione "tecnica" di come
sia possibile che lo stesso "io" possa sperimentare una pluralità di vite che si
svolgono "nello stesso tempo".
Per prima cosa, è necessario essere consapevoli che la relatività e la teoria dei
quanti hanno imposto agli scienziati di abbandonare il concetto di tempo e di spazio
che usiamo disinvoltamente nella vita quotidiana; la relatività ci ha rivelato che
il tempo può scorrere a velocità diverse per due osservatori in movimento
tra loro, e che due eventi possono risultare contemporanei per un osservatore e
non per un altro; contemporaneamente, essa nega la possibilità che qualsiasi informazione possa
essere trasmessa più rapidamente della velocità della luce, perché altrimenti, proprio
in virtù di questa relatività del tempo, sarebbe possibile inviare informazioni
nel passato, il che condurrebbe a paradossi insostenibili. La fisica quantistica ci ha rivelato dei fenomeni ancora più sconcertanti: lo stato della realtà
non è qualcosa di univocamente determinato, e le misurazioni che scegliamo di
effettuare "costringono" il mondo fisico ad assumere uno stato che non era già predisposto
in precedenza: esso viene "deciso lì per lì", anche se questa decisione implica
un "comportamento" che i fotoni o altre particelle
elementari devono aver manifestato in un luogo e in un tempo anche molto remoti; questo fenomeno però non consente
di "inviare informazioni" nel passato; ed inoltre, questa "influenza nel passato"
può venire neutralizzata dalla distruzione di informazioni anche se già acquisite,
purché non ancora utilizzate. Detti così, questi fenomeni sembrano delle assurdità, per cui vi invito a consultare Wikipedia alla voce
"Relatività ristretta"
per la perdita della simultaneità, e alla voce "Teorema
di Bell" per lo stato "indefinito" delle particelle non misurate, mentre
per l'influenza delle nostre scelte sul comportamento delle particelle nel passato,
dovete cercare "Wheeler's
delayed choice experiment", e per gli effetti della distruzione di informazione,
leggete "Delayed
choice quantum eraser" nella versione inglese di Wikipedia.
Ripeto che con questo non ho la pretesa di dimostrare la terza ipotesi, voglio solo
insinuare dei dubbi a chi pensa che la "difficoltà tecnica" di "tornare indietro
nel tempo per vivere un'altra vita" sia insormontabile. Espresso in questi termini
ingenui, questo concetto ha valore solo per fare capire cosa intendo quando dico
che, in tutte le nostre vite, è sempre lo stesso "io" che si manifesta, per quanto
ognuno possa pensare che il suo "io" sia solo "suo". In effetti è molto importante
tenere presente che tutte le nostre caratteristiche fisiche e mentali sono collegate
unicamente alla nostra particolare esperienza contingente, e la sola cosa che condividiamo è quella "luce accesa" che ognuno sente
dentro di sé. Così, nessuna informazione
può assolutamente
"tornare indietro nel tempo" insieme al nostro "io" in perenne metempsicosi. Questa
condizione è indispensabile per evitare l'insorgere di paradossi per cui un evento
può diventare causa (o impedimento) della propria esistenza: e questa è esattamente
la condizione che viene rispettata anche nei fenomeni sconcertanti osservati negli
esperimenti di Bell e di Wheeler. Allora, almeno in linea di principio,
la terza
ipotesi potrebbe essere riconosciuta "non impossibile" in quanto non comporta la
trasmissione di informazioni indietro nel tempo.
Se accettiamo di considerare ammissibile la terza ipotesi, possiamo apprezzare quanto
essa si integri con alcuni modelli cosmologici attualmente in discussione: ad esempio,
lo stesso John Wheeler dell'esperimento "a scelta ritardata" che abbiamo citato, propone un "principio antropico partecipativo" per cui, tra tutti
i possibili universi che possono evolversi in modo stabile, solo quelli in grado
di generare osservatori viventi possano esistere veramente, in virtù di un'azione
di "causalità a ritroso" che la coscienza stessa opera sull'universo,
generalizzando quanto accade quando un essere vivente effettua una misurazione su una particella
quantistica, che altrimenti resterebbe in uno stato "non definito". Altri, come
Max Tegmark, sostengono drasticamente che esiste un universo per ogni possibile
struttura matematica, anche se, evidentemente, solo quelli in grado di ospitare
la vita possono essere sperimentati. A me pare tuttavia che la questione se considerare
"esistenti" anche gli universi "non sperimentabili" sia un'altro esempio di "problema
improponibile", nei termini che ho indicato nelle pagine precedenti.
Seth Lloyd propone di interpretare l'universo come un immenso calcolatore quantistico,
che rappresenta al tempo stesso anche il programma che sta eseguendo. In questa
interpretazione, la varietà degli universi possibili è vasta quanto quella proposta
da Tegmark, ma abbiamo sempre bisogno dell'esistenza di uno "sperimentatore" perché
l'esistenza stessa dell'universo possa rendersi palese. Questo è quello che Stephen
Hawking ha chiamato "il fuoco che rende vive le equazioni".
Considerare l'"io" come un soggetto assoluto, e non fenomeno scaturito accidentalmente
che poteva anche non essere dato, permette di ragionare sul mondo, sulla vita e
su noi stessi in una prospettiva diversa. La visione del mondo si semplifica, perché
non è più necessario "tenere l'amministrazione" di un insieme infinito di "aspiranti
sperimentatori", e non è necessario cercare darci in qualsiasi modo una spiegazione
impossibile del fatto che "per mero accidente", il nostro singolo "io" è un umile
membro di questo insieme. Il fatto di considerare unico questo "io"
è la chiave di volta per avere una visione completa del mondo nelle sue molteplici
forme, siano esse limitate o tutte le infinite configurazioni proposte da Tegmark.
Senza un soggetto che sperimenta queste diverse configurazioni, esse non hanno modo
di esprimersi, di differenziarsi dalla somma infinita di tutte le diverse possibilità, di attualizzarsi
scendendo dal mondo platonico delle idee. Ogni volta che l’”io” può manifestarsi, non deve
essere “estratto a caso”: è sempre il solito “io”, anche se, per ogni sperimentazione di esistenza, come per ogni configurazione di universo, esso è soggetto a delle limitazioni intrinseche, rappresentate
dai limiti delle nostre capacità fisiche e intellettive, e dalle leggi fisiche che "tengono insieme" il mondo esterno.
Ci si potrebbe chiedere perché mai l'unico "soggetto sperimentatore" si manifesti
attraverso una moltitudine di esseri che vivono "in parallelo" invece che come un'unica
esistenza "monolitica", che non avrebbe la necessità di "scomporsi". La mia risposta è che,
in primo luogo, non bisogna pensare a un "io" preesistente che sceglie la forma
di vita in cui manifestarsi, ma a un "io" che è il soggetto di ogni possibile forma
di esistenza "manifestabile"; e in secondo luogo, che anche ammettendo che simili tipi
di esistenza "monolitica" siano possibili, sia assai
più probabile che una forma
di vita complessa si sviluppi a partire da tipi di vita semplici che però siano
in grado di replicarsi, differenziarsi ed evolversi, sfruttando il meccanismo della
selezione naturale scoperto da Darwin. Ciò implica l'esistenza contemporanea di
più esseri viventi, ma non comporta
la necessità di più "soggetti sperimentatori",
se ammettiamo le condizioni di isolamento
delle informazioni che ho proposto in precedenza. L'unica cosa di cui abbiamo bisogno,
è che il mondo "in corso di sperimentazione" mantenga la sua consistenza mentre
l'"io" passa da una esperienza di vita e l'altra, e questa trama è "tenuta insieme"
proprio dalla staffetta che gli esseri viventi si passano tra loro, essendo testimoni "continui" di un insieme di informazioni
che è così "costretto" a mantenere la sua coerenza nel tempo. Il mondo che
precede la loro apparizione, come quello che segue la loro scomparsa, è destinato
a svanire in un'inesorabile, gigantesca cancellazione quantica. Così, risulta
essere un "problema improponibile" anche quello della "consistenza della realtà"
al di là di tutti i veli dell'apparenza e dell'approssimazione. Tutto ciò che possiamo
sperare di sperimentare, è una consistenza limitata alle nostre esperienze di vita:
ogni singolo evento di cui siamo testimoni, saremo tenuti a viverlo di nuovo per
ognuno degli esseri viventi che ne è coinvolto. Non è necessario presupporre alcuna "realtà" al di sopra
di questa.
Continua sulla prossima pagina: "Metafore mistiche".