I postulati di base
Anche se in metafisica non si possono avere certezze comprovate, alla
base delle mie elucubrazioni ho scelto di assumere come postulati alcune cose che
comunque spero siano largamente condivise, allo scopo di escludere esplicitamente
alcune linee di pensiero che giudico eticamente pericolose, perché potrebbero incoraggiare
delle visioni della realtà in cui sarebbe legittimo pensare unicamente al proprio
vantaggio, senza alcuno scrupolo nei riguardi degli altri, come ad esempio nella
dottrina del solipsismo. Anzi a questo proposito voglio ben rimarcare la principale
differenza con il mio tipo di visione: il solipsismo assume che gli altri non esistano,
mentre nella mia ipotesi assumo che gli altri esistono e la loro vita è stata e
sarà di nuovo la mia stessa vita.
Primo postulato: gli altri esistono veramente e le nostre relazioni interpersonali
sono vere, e non una illusione come in un sogno o in un videogame.
Se facciamo del male a un altro, causiamo un vero dolore, così come se ci vogliamo
bene, ci scambiamo un amore vero e non illusorio. Gli altri si sentono vivi adesso
come anche io mi sento vivo nello stesso momento. Accettare questo postulato e nello
stesso tempo accettare la possibilità che tutti gli "io" individuali che interagiscono
contemporaneamente tra loro siano in realtà lo stesso "io" è l'ostacolo maggiore
che dobbiamo superare per accettare la "terza ipotesi". La maggior parte delle riflessioni
che seguiranno, infatti, saranno mirate proprio a fare apparire come plausibile
la coesistenza di queste due condizioni che inizialmente sembrano irrimediabilmente
contraddittorie.
Secondo postulato: esiste veramente il libero arbitrio, che noi esercitiamo
effettivamente, sia pure influenzati da tutte le condizioni esterne.
il più importante indizio che il libero arbitrio esista, secondo me risiede nel
semplice fatto che noi ci "rendiamo conto" di quello che accade e percepiamo lo
"stare bene" e lo "stare male". Infatti se tutta la vita fosse già irreversibilmente
scritta nelle condizioni dello stato passato e presente del mondo, la stessa "coscienza"
o "consapevolezza di esistere" non sarebbe necessaria, e dei robot inanimati ma
programmati per reagire in modo rigidamente deterministico agli eventi che rilevano
potrebbe funzionare ugualmente bene. Inoltre, anche ammesso che la coscienza sia
un "effetto collaterale" che si manifesta per qualche fenomeno incidentale (cosa
che io non credo assolutamente), se essa non è dotata di un vero libero arbitrio,
sarebbe come uno spettatore in un cinema buio che è costretto a guardare il "film"
della sua vita che scorre davanti a lui. Questo spettacolo potrebbe certamente avere
ancora qualche interesse, ma perché mai, in questa ipotesi, dovremmo provare anche
sentimenti di piacere e di dolore, e a volte trovarci a subire situazioni veramente
dolorose come Alex in "Arancia meccanica", costretto a "stare male" davanti a scene
di violenza? Che bisogno c'è di essere esposti a tutte queste sensazioni, se la
nostra risposta infine non sarà dettata che da una necessità univoca? In ogni caso,
vorrei far notare che rinunciando a questo postulato la "terza ipotesi" non cessa
di essere valida, anzi è semplificata e anche il primo postulato diventa più facile
da accettare, in quanto non c'è alcuna difficoltà allora nell'assumere ammissibile
un "ritorno indietro nel tempo" per vivere tutte le vite che si svolgono contemporaneamente,
che tanto devono sempre svolgersi in un solo, univoco modo. Ma assumere anche il
libero arbitrio come esistente ci porta a una visione assai più ricca di possibilità,
ci rende responsabili delle nostre scelte, ci invita a superare i condizionamenti
che inevitabilmente ci portiamo addosso e infine dà alla nostra consapevolezza interiore
un ruolo centrale nella scelta di come il mondo esterno può essere modificato (sia
pure sempre entro gli inevitabili e ineludibili limiti pratici).
Terzo postulato: il "nulla" che precede la mia nascita, è lo stesso "nulla"
nel quale tornerò dopo la morte.
In questo postulato è racchiusa tutta la differenza della "terza ipotesi" con tutte
le religioni esistenti. Abbiamo già accennato al fatto che la divisione tra "aldiquà"
e "aldilà" sia una caratteristica comune a tutte le religioni. Ma se immaginiamo
di essere nell'"aldilà", dove la nostra anima è eterna, ci troviamo in difficoltà
a capire perché mai dovremmo essere giudicati solo in base a quello che abbiamo
combinato nel breve periodo di tempo della nostra unica vita nell'"aldiquà". Ma
che sarebbe questa vita in confronto all'eternità da passare nell'"aldilà", dove
potremmo avere il tempo di fare ammenda un milione di volte presso tutti coloro
che abbiamo offeso durante l'insignificante attimo di "aldiquà"? E perché allora
non giudicarci direttamente da come ci comportiamo nella nostra eterna vita che
si svolge nell'"aldilà"? Che bisogno c'è di questa "prova iniziale" nella breve
vita terrena? Questo per le religioni occidentali. Per quanto riguarda quelle orientali,
dopo la nascita o una creazione iniziale di cui non conosco le modalità, si sperimentano
una o più vite, allo scopo di affinare la nostra anima. Come in un videogioco, in
base al "punteggio" totalizzato in una singola vita otterremo di vivere la prossima
vita in condizioni migliori o peggiori. Da questo ciclo potenzialmente senza fine
si uscirà solo dopo una vita esemplarmente condotta in cui faremo un punteggio talmente
alto da vincere il "bonus" dell'illuminazione, e dopo di ciò potremo smettere di
giocare continuamente a questo videogame, per il resto dell'eternità o forse solo
per una pausa per riposarsi in uno stato di beata contemplazione. Perdonate la parodia
suggerita principalmente dalla mia scarsa conoscenza dei dettagli delle religioni
orientali, il mio scopo è solo quello di evidenziare le difficoltà nelle quali finiamo
per impastoiarci sia seguendo il modello delle religioni occidentali che seguendo
il modello delle religioni orientali. Il vero ostacolo infatti è il presumere che
ci sia una "individualità" che possa essere preservata nell'"aldilà" o tra una vita
e l'altra, e che questa individualità abbia una creazione precisa ma poi una vita
eterna. Sia chiaro che nel mio atteggiamento dissacratorio nei confronti delle religioni,
riconosco tuttavia la loro importanza per l'educazione spirituale che hanno dato
agli uomini, sia pure ognuna all'interno dei limiti culturali delle società nelle
quali si sono sviluppate. Oggi credo che la coesistenza globale metta tutti i modelli
in crisi evidenziando che nessuna religione può pretendere di possedere la verità
assoluta ma piuttosto ognuna è nata come l'interpretazione delle necessità etiche
e mistiche di ogni singola cultura. La mia nuova ipotesi intende proporre un modello
di metafisica che non abbia i problemi che ho illustrato, ma vuole anche salvaguardare
il patrimonio di civiltà e di umanità che le religioni hanno conquistato, sia pure
con tutti gli errori che spesso hanno commesso, soprattutto quando al sentimento
di solidarietà iniziale si è sovrapposto il dogmatismo e l'intolleranza.
Resta il problema dell'ateo accanito, per cui siamo nati per caso e finiremo
nel nulla; tuttavia, questo terzo postulato non lo dovrebbe disturbare troppo. Infatti,
come siamo nati "per caso" una volta, possiamo facilmente immaginare di poter di
nuovo nascere "per caso" tante altre volte dopo la morte, tornando di nuovo dallo
stesso "nulla" in cui la morte ci getta. Questa in effetti è la visione da cui sono
partito anch'io, a causa della mia educazione atea, laica, razionalista, materialista
e qualche altro "ista" che ora sarebbe lungo elencare. Vorrei rivolgere un paio
di domande a questo tipo di lettori. Prima domanda: se pensi che la vita in cui
potevi nascere era solo una (questa che stai vivendo), hai mai fatto un calcolo
approssimato su che fortuna devi aver avuto perché gli eventi si combinassero proprio
nel modo necessario per farti nascere proprio così come sei? Se ricevi una email
che dice che hai vinto il primo premio di una lotteria planetaria e che richiede
di inviare i dati del tuo conto per versarti direttamente un miliardo di Euro, ci
credi e rispondi specificando i tuoi dati bancari o la butti nel cestino? Seconda
domanda: dopo aver rimuginato un poco la prima domanda, se ammetti infine che vabbé,
se non fosse stata questa vita probabilmente ne avresti vissuta un'altra, oppure
che vabbè, se dopo morto i tuoi atomi rimescolati all'infinito potrebbero anche
ricomporsi nuovamente in una forma per te equivalente e permetterti di rivivere
un'altra vita, anche se totalmente ignaro di quella precedente, anche se, magari,
in un mondo totalmente differente: Secondo te, in quanti siamo "là fuori" che potremmo
vivere come accade a te e a me, se solo certi "atomi chiave" che ci compongono si
combinassero in qualche modo particolare? Ti darò un'informazione che i fisici oggi
ammettono come acquisita: poiché le particelle atomiche dello stesso tipo sono tra
loro indistinguibili, e durante la loro evoluzione nel tempo si comportano come
onde, per poi tornare a manifestarsi come particelle solo quando vengono rilevate
con qualche apparato apposito, si ritiene a tutti gli effetti che esse siano perfettamente
sostituibili tra loro senza nessuna modifica dello stato complessivo dell'universo.
Allora, comincia a un poco a scalfirti l'idea che in fin dei conti quello stesso
"io" che vive la tua vita potrebbe anche essere lo stesso "io" che vive la mia?
Essere lo stesso "io", sì, ma attenzione, in un senso molto "minimalista", senza
alcuna necessità di portarsi dietro alcuna "parte di anima" tra una vita e l'altra,
rinunciando anche a qualsiasi "consapevolezza" nello stato "post mortem", e rinunciando
anche a un modello di "aldiquà" e "aldilà" che serve solo per illuderci di avere
una individualità immortale. Ma che ce ne importa? Anzi, proprio il fatto che non
esista alcuna "vita infinita" è ciò che permette al sistema di funzionare. Altrimenti
l'"io" che esperimenta tutte le vite rimarrebbe "intrappolato" in un tempo senza
uscita. Per fortuna come limite superiore di qualsiasi vita che si sviluppa nel
nostro universo avremo sempre il "big crunch" o la "morte termica" del nostro universo.
In questa ottica, la finitezza di ogni singola vita è la condizione necessaria a
non trascorrere l'eternità in solitudine. Direi che è uno scambio accettabile! Certo,
resta sempre il problema di come vivere tante vite contemporaneamente, ognuna con
il suo libero arbitrio. E' quello che nel seguito vedremo di rendere più plausibile.
Frammenti video:
I postulati
di base (file wmv di 8'12" ~22MB)