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Che c’è da fare?
Scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
Indipendente da com’è la vita,
il curriculum deve esser sempre breve.
E’ di rigore sintesi e selezione.
C’è da cambiare paesaggi in indirizzi
E vaghi ricordi in precise date.
Di tutti gli amori basta il matrimoniale,
e dei figli solo quelli nati.
Importante è più chi ti conosce, che chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’adesione a qualcosa, ma senza perché.
I premi, senza dir per che cosa.
Scrivi, come se con te tu non avessi mai parlato
e cercassi alla larga di evitarti.
Passa sotto silenzio uccelli, cani e gatti,
memorie, paccottiglie, amici e sogni.
Meglio esprimere il prezzo che il valore
il titolo che la trama.
Meglio il numero di scarpa, che dir dove va,
colui, che sembri essere.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
Conta qui la sua forma, non quello che sente.
Che cosa sente?
Il fragore delle macchine che macinano carta.
Wislawa Szymborska
da “Ludzie na moscie” (Gente sul ponte), 1986
(traduzione di Alessandra Czeczott)